Servas in cammino con Repubblica Nomade

Scritto da Brumana Angiola il 13-03-2019

CAMMINO CON REPUBBLICA NOMADE DA GENOVA A VENTIMIGLIA “IL CROLLO E L’UNIONE”

27 DICEMBRE-6 GENNAIO 2019


Grazie a una mail di Angiola Brumana, la nostra coordinatrice Servas Piemonte, siamo venute a conoscenza del cammino “Il crollo e l’unione” organizzato da Repubblica Nomade, una associazione di fantastici visionari che organizzano cammini di testimonianza civile in Italia ed Europa. Il cammino come mezzo per conoscere le innumerevoli realtà sui territori che lavorano nella direzione di un mondo sano, di pace e solidarietà.
Riceviamo ogni giorno tante notizie brutte, che purtroppo sono reali e che sicuramente ci chiamano a riflettere e ad agire in qualche direzione, ma manca, nella comunicazione mediatica comune, l’informazione sulle tantissime realtà di impegno culturale, sociale, civile che sono disseminate nel nostro Paese.
Camminare insieme lentamente, ognuno con il proprio ritmo, e incontrare queste realtà è come usare una lente di ingrandimento su ciò che a occhio nudo non si riesce a vedere.
Il cammino “Il crollo e l’unione” nasce dall’idea di partire dalla ferita del crollo del ponte Morandi, simbolo dell’unione di due sponde diverse, per arrivare con i tempi necessari al confine di Ventimiglia, frontiera europea che dovrebbe rappresentare l’unione fra i paesi della nostra comunità, e che è invece diventata una barriera per chi, non europeo, tenta di varcarla per cercare una speranza di futuro.
Abbiamo percorso tratti diversi del cammino.
Marina ha iniziato il 27 dicembre, con tutto il gruppo, a Genova ed è arrivata fino ad Alassio, la notte di Capodanno.
Elena ha iniziato il 30 a Finale Ligure e ha terminato a Ventimiglia, con tutto il gruppo, il 5 gennaio.
Entrambe siamo partite senza sapere se ce l’avremmo fatta, perché era da molto che non camminavamo per lunghi tratti con uno zaino in spalla, ma per tutte e due era forte il desiderio di sperimentarsi in questa esperienza, così abbiamo vinto i nostri dubbi e i nostri timori.


Marina:
Io arrivo a Genova nel tardo pomeriggio.
Ho voglia di fare un cammino, dei passi che si accostino ad altri, ho voglia di condividere un pezzo di strada, e di farlo sentendomi abitante del mondo.
Mi aspettano al Centro Banchi, ma non so dov'è, così mi inoltro tra i vicoli del centro per trovarlo.
Intorno, incontro visi che non conosco, ma a un angolo di strada, due occhi curiosi e ospitali mi cercano, mi guardano, mi stanno aspettando.
E' Luisa, che mi indica l'entrata.
Il primo incontro con Repubblica Nomade avviene così: nella sala vengo accolta in un cerchio di persone che si interrogano su quello che succede loro intorno, che cerca di capire come lasciare il proprio segno per una convivenza serena e possibile.
Ceniamo insieme, condividendo le cose che ognuno ha portato: cibo buono per sé e per gli altri.
Poi ascoltiamo Giacomo e il suo racconto della struttura che ci accoglie, il Centro Banchi, in una Genova variopinta, crocevia di culture, di incontri, di passaggi, di rinascite, occasione di vita comunitaria ed esperienze di indipendenza.
La mattina dopo usciamo nei vicoli che è ancora buio e ci incamminiamo a prendere un tratto di metrò, l'unico di tutta la strada che faremo, che ci porterà nei pressi del ponte Morandi.
E' lì il nostro inizio.
Davvero si affollano tante emozioni, tanti pensieri sotto il vuoto lasciato dal crollo.
Negli occhi le due sponde, la vita al di là e di qua, e intorno il rumore del quotidiano, che lascia muti e smarriti.
Comincia la strada per noi.
E' asfalto, sono auto di lato (dobbiamo attraversare la città), ma non mancano gli incontri.
Un motociclista è attirato dalle nostre bandiere, ci chiede di noi, ci dà un contatto locale per raccontare la nostra esperienza. Qualcun altro ci domanda dove stiamo andando.
So che è scontato, eppure scopro che camminare vuol dire mettersi in relazione: con chi ci guarda ed è curioso, con chi ci ferma, ci chiede, si fa contagiare dalla nostra energia, ammirandoci, con chi condivide la mia fatica, chi cammina con me, come me, proprio per farsi portavoce di un cammino che unisce.
A metà percorso della giornata, lo zaino comincia a farsi sentire, ma è diventato ormai parte integrante di me stessa, un guscio di lumaca, a tal punto che toglierlo per riposarsi le spalle un attimo mi rende instabile, come essere senza gravità, sulla luna.
Una signora anziana, malferma sulle gambe, ci dice che se fosse più giovane e con più forze verrebbe con noi. Un invito a fare quel che si può, fin quando si può.
Ad Arenzano, l'ospitalità dei Frati Carmelitani Scalzi è una stanza semplice con un lungo tavolo in mezzo. Ci dormiremo una notte, con i materassini stesi tutti intorno al tavolo, e il giorno seguente, alla nostra partenza, quel locale, pur tornato come prima del nostro arrivo, avrà un altro aspetto.
E così succederà per tutti i luoghi successivi dove dormiremo.
Capisco concretamente che sono le persone che animano i luoghi, dandogli vita.
Si riparte. Verso Cogoleto, poi Varazze. Il mare ora è una costante, e anche il sorriso e gli occhi curiosi della gente intorno.
Camminare sprona a farlo.
Camminare è un invito a seguire.
Ad Albisola Marina ci fermiamo presso la Casa Famiglia – Ostello Le stuoie. Una sala accogliente, dove, seduti in un cerchio di sedie, ascoltiamo esperienze straordinarie e quotidiane da persone che hanno voluto fare della propria vita un caleidoscopico incontro perenne.
Una sala piena di bimbi, della comunità che ci ospita.
Una sala piena di energia, di umanità che si dà da fare, che riesce a vivere, pur con mille difficoltà, il sogno della condivisione di una società senza paure e diffidenze.
Lì in mezzo a noi orientamenti diversi: Pax Christi, Caritas, Associazione Helder Camara, Rete Radiè Resch, commercio Equosolidale, Coordinamento Antifascista, Università Popolare.
C'è chi porta la propria esperienza di inclusione e integrazione dei migranti, o di chi è ai margini, attraverso il teatro sociale o lo sport.
E non manca un momento di poesia.
Il giorno seguente attraversiamo Savona, poi Vado, la zona industriale, e finalmente lasciamo alle spalle le ciminiere per incontrare piccoli borghi, come Spotorno e Noli.
A Varigotti qualcuno si bagna nel mare, e raggiungiamo Finale con la luce rosa del tramonto che colora le nuvole a strisce sulla nostra testa.
La nostra casa per una notte sarà una palestra calda e luminosa, fornita di docce provvidenziali, dove faremo comunità, coccolandoci con dolci e vino, in attesa del capodanno che si avvicina.
Tiziana, che ha cenato con noi parlandoci della sua esperienza associazionistica con il commercio equosolidale e con l'economia alternativa, si unisce alla nostra voglia di festa, sedendosi per terra sui tappetini sportivi.
Alla mattina seguente si riparte con destinazione Alassio, dopo essersi fermati in pasticceria.
Ma lungo la via qualcosa mi rallenta. Ho nausee e mal di stomaco, mi sento un po' di febbre.
A Pietra Ligure mi accorgo che la strada è sempre più pesante sotto i miei piedi.
E' fatica, è sforzo, è voglia di fermarsi.
Continuo a camminare solo perchè ci sono altre persone che camminano con me, che sono il mio sostegno, il mio essere parte.
Cammino perchè non voglio essere un peso per gli altri, ma poi scopro che è orgoglio, che è solo  il voler farcela a tutti i costi, il voler arrivare.
Allora l'orgoglio cede il passo all'umiltà.
La resa non è una sconfitta, ma accettazione di se stessi e consapevolezza dei propri limiti.
A Loano, le frotte di turisti da attraversare quasi sgomitando, sul lungomare, diventano un ostacolo insopportabile.
Decido di farmi piccola, di cedere, abbandonare il caldo abbraccio del gruppo e la fatica di seguirlo.
Gli altri continuano a camminare, io salgo su un bus che passa da Borghetto Santo Spirito, con destinazione Alassio.
All'arrivo cerco la parrocchia di Sant'Ambrogio per la consegna delle chiavi della sala dove dormiremo e festeggeremo il nostro capodanno, che sarà un po' particolare, all'insegna di malanni collettivi.
La fine dell'anno si svolgerà con una cena molto semplice, a base di focaccia ligure, formaggi e salumi, ma non mancherà il vino per brindare, né la voce per cantare o l'allegria per un giocoso stare insieme.
Chi di noi è nell'altra sala a dormire, ci perdonerà...

Elena:
Sono arrivata a Finale il 30 pomeriggio, e ho aspettato il gruppo godendomi la vista della luce e del mare. La sera abbiamo dormito in una palestra, con materassino e sacco a pelo.
Mi sono sentita subito “ a casa” , come se conoscessi già tutte le persone presenti. Il 31 ultimo giorno dell’anno e mio primo giorno di cammino, siamo partiti da Finale con destinazione Alassio. La luce del mare a cui non sono abituata mi incantava, e accompagnava i miei passi, senza farmi sentire fatica, nonostante lo zaino e gli acciacchi della schiena.  Nel gruppo alcuni camminano con la bandiera di Repubblica Nomade,  e così durante il cammino, spesso i passanti ci chiedevano cosa facessimo e dove stavamo andando, e quella è sempre stata una occasione di scambio con le persone.
Ad Albenga abbiamo fatto una pausa per visitare il bellissimo centro storico, e li ci ha raggiunto una coppia amica di un nostro compagno nomade, con sei o sette bambini, di cui due in carrozzina, che gestisce una casa famiglia a Genova, con l’associazione “La Piuma”. Ci hanno accompagnato a piedi sulla statale che collega Albenga ad Alassio, loro con tutti i bambini, è stato un bell’incontro e una bella testimonianza.
Ad Alassio siamo arrivati al pomeriggio tardi, ospiti di una parrocchia, abbiamo dormito nelle due stanze che ci hanno destinato, sempre a terra con i nostri materassini. Purtroppo un attacco virale ha decimato il gruppo e abbiamo così passato una insolita sera di San Silvestro, con metà gruppo  “a letto” alle dieci e l’altro ostinato ad arrivare a mezzanotte, con canti, giochi e racconti è riuscito a festeggiare l’inizio del nuovo anno e la fine del vecchio.
La mattina dopo, i tempi sono dilatati….si  parte con calma, io esco presto per salutare il mare il primo giorno dell’anno, che sia di buon auspicio con la sua luce e la sua energia.
Alcuni oggi  partono, l’indomani lavorano, i più fortunati restano e ripartono a piedi, destinazione Andora, solo 13 Km.
E’ una giornata di festa, è il primo dell’anno, ci concediamo un pomeriggio in spiaggia, io poi rimango fino al tramonto, per godermi spazi e colori, dormiamo in un’altra parrocchia, nonostante il freddo ci scaldiamo con danze e calore del gruppo per tutta la sera.
L’indomani si riparte per  Imperia, dove dormiremo in un centro sociale “La talpa e l’orologio”, molto fuori dal centro abitato, molto freddo, ma è una occasione per incontrare i ragazzi del centro e per sperimentare che nel cammino non ci si può perdere d’animo, balli e danze per scaldarsi, perché la stufetta da 30 cm non è sicuramente sufficiente a scaldarci tutti!!
Sopravvissuti alla notte ripartiamo per Bussana Vecchia, il cammino oggi è fantastico e io mi sento un animaletto che esce dal buio e dal freddo della tana e gode dei raggi di sole che lo scaldano e lo fanno ritornare attivo, il risveglio della natura addormentata grazie alla luce del giorno, mi sento come tutti gli esseri animali e vegetali, che si rivolgono verso il sole per ritrovare energia e vitalità.
Passiamo per Oneglia e Porto Maurizio, bellissimi paesaggi, bellissimi incontri per arrivare alla sera a Bussana Vecchia, il Borgo distrutto più volte dal terremoto e fatto rinascere da un gruppo internazionale di artisti. L’atmosfera è magica, arriviamo al tramonto, dall’alto si vede il golfo di San Remo. Stanotte dormiamo nei letti delle case degli artisti, un clima caldo e accogliente. Alla mattina seguente visitiamo il borgo, purtroppo i tempi dei camminanti sono stretti, ci rimane dentro la suggestione del luogo che ci accompagna durante il giorno.
Destinazione Vallecrosia, durante il cammino incontriamo una signora che ci informa che alle 17.30, proprio vicino a dove dormiremo c’è la presentazione di un libro del giornalista Enzo Barnabà sulla storia del confine….così arrivati a destinazione, lasciati gli zaini, ci precipitiamo all’evento. Barnabà racconta la storia del Passo della Morte, il sentiero accanto alla frontiera che da Grimaldi arriva a Mentone, percorso da chi vuole entrare in Francia, ma non può passare dal confine. In questi anni è attraversato dai migranti. Un gruppo di noi decide di provare  a percorrerlo il giorno dopo, grazie alle indicazioni del giornalista.
Il giorno dopo è denso di incontri, prima arriviamo alla parrocchia di Ventimiglia, dove incontriamo un gruppo scout che ci chiede la testimonianza del nostro cammino, ed organizziamo un cerchio di scambio di esperienze, poi ci rechiamo al bar Hobbit di Delia Bonomo. La storia di Delia è ricca di umanità, mi fa pensare al titolo del libro la banalità del bene. Delia ha agito secondo quella che per lei è la normalissima spinta di compassione che un animo umano ha di fronte a chi soffre.
Quando ha iniziato ad esserci l’emergenza migranti a Ventimiglia, ha aperto il suo bar a chi aveva bisogno di caldo, di un bagno, di lavarsi, di ricaricare un cellulare, ma anche di assorbenti e pannolini. Questo le è costato la perdita di tutta la clientela italiana. Delia si è trovata isolata ed abbandonata, ma non ha rinunciato ad aiutare chi aveva bisogno, così poco per volta le associazioni del territorio e non solo si sono interessate al suo caso, l’hanno conosciuta ed aiutata e poco per volta si è risollevata. Ora la sala da biliardo è destinata alle riunioni delle associazioni, e un’altra saletta ai giochi dei bambini. Nel corridoio ci sono gli scaffali con vestiti caldi per chi ne ha bisogno.
Nella sala riunioni abbiamo poi incontrato due ragazzi dell’associazione 20k, che lavorano a favore dei migranti, anche con assistenza legale.
E’ stata una mattina densa di incontri, siamo ripartiti tardi per Grimaldi, tuttavia un gruppo di coraggiosi ha affrontato comunque il passo della morte riportando al resto del gruppo foto e racconti.
Gli altri, fra cui io, hanno continuato fino al confine e raggiunto Mentone, con il pensiero dei compagni arrampicati sul sentiero, con cui grazie alla tecnologia dei telefoni cellulari siamo rimasti in contatto. Così è come se anche noi fossimo un po' con loro e viceversa.
Il mio pezzo di gruppo è poi rientrato a Ventimiglia percorrendo un pezzo del bellissimo sentiero dei monti liguri e alla sera ci siamo trovati ancora tutti insieme a cenare al bar Hobbit, da Delia.
Ottima conclusione di un cammino che ha accolto e salutato camminanti nuovi e vecchi ogni giorno, in un normale fluire di energia che lascia ed accoglie, che si separa e si riunisce, sentendosi sempre parte e tutto.
Il giorno dopo a scaglioni ci sono state le partenze, io mi sono concessa un'ultima mattina di mare e di luce, prima di riprendere il treno che mi riportava “da dove son partita”, arricchita di una esperienza nuova e bella.

 

Cosa resta per noi di tutti questi giorni?
Il calore. Dei compagni di cammino, di tutta la strada o di una giornata.
La loro accoglienza, nella semplicità della condivisione.
Poi l'esperienza, l'incontro, la voglia di cambiare.
In meglio.

Marina Quaglia e Elena Zanolli - Servas di Novara    

 

 

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